Mentre i dati che arrivano dai bollettini giornalieri ondeggiano, ondeggia anche qualcosa dentro di noi: le nostre emozioni. Siamo sulle montagne russe: tra la voglia di vivere e la paura di morire, l’angoscia per la sofferenza che, lontana o vicina, vediamo comunque intorno a noi e il desiderio, ammettiamolo, di pensare ad altro, di svagarci, di distrarci, stiamo vivendo un periodo impegnativo dal punto di vista emotivo. Oscilliamo tra visioni apocalittiche di morte e sofferenza e la commozione per una solidarietà tra vicini di casa mai provata prima; ci manca il poter pensare, anche solo pensare, alle vacanze, o almeno al prossimo aperitivo e ci prendono attacchi di panico ripensando a quando al supermercato ci siamo avvicinati forse più del dovuto al cassiere; saltelliamo tra il fitness casalingo e le scorte di surgelati; facciamo lo slalom tra il riordino dei cassetti, la paura per i nostri cari meno giovani e i dati dei diversi siti e canali.
Intrappolati nell’ennesimo reinoltro di video nelle chat mentre piangiamo per il numero dei morti, ci viene in mente che l’ultima volta che siamo stati così emotivamente in subbuglio eravamo preadolescenti e anche allora il nostro umore poteva sbalzarci da un estremo all’altro nel giro di un istante e avevamo difficoltà a credere che ne saremmo usciti. Allora scrivevamo un diario, più o meno segreto: che fossero lunghe paginate, disegni o parole sottolineate, potremmo provare a mutuare quell’abitudine. Pare che mettere nero su bianco quello che si prova aiuti molto; e anche l’adolescenza poi è finita.