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Sui passi di Dante

Una mostra al Museo di Storia Naturale di Calci è l’occasione per ripercorrere i luoghi del viaggio di Dante nell’aldilà: dal 25 giugno al 31 gennaio 2022, creature mitologiche e personaggi storici popoleranno questo Bestiario dell’inferno dantesco.

Anche il Museo di Storia Naturale di Calci fa la propria parte nel celebrare i settecento anni dalla morte del Sommo Poeta e propone un’esposizione temporanea per farci conoscere alcune delle figure che Dante incontra lunga la sua discesa negli inferi. La mostra Inferno. Bestiario dantesco, visitabile dal 25 giugno 2021 al 31 gennaio 2022, allestita nei locali più antichi della Certosa, è curata dalla Naturaliter con la collaborazione del Museo e si inserisce nel ricco e variegato programma diffuso in tutta la regione Toscana.
In occasione dell’apertura, venerdì 25 giugno, , per l’intera giornata, l’ingresso alla mostra e a tutto il Museo sarà gratuito e ci sarà una piccola sorpresa riservata ai visitatori. Bisogna comunque registrarsi online al link: https://www.msn.unipi.it/it/prenota-online/.
Ricordare, rileggere, ma anche scoprire e approfondire alcuni aspetti della Commedia significa ricordare che la grande eredità che questo capolavoro ci ha lasciato non è solo linguistica.

Ripercorrendo idealmente alcune tappe del viaggio ultraterreno di Dante e Virgilio nei gironi dell’Inferno, si incontra Caronte, traghettatore delle anime nell’Ade, ma anche le Furie, le Arpie, creature mitologiche, animali dei bestiari medievali e personaggi storici come Ugolino della Gherardesca, Farinata degli Uberti, Paolo e Francesca.
Il percorso espositivo, costituito principalmente dal susseguirsi di scene ricostruite in dimensioni reali, è reso suggestivo da curate scenografie immersive, illuminazioni soffuse e suoni di sottofondo, e arricchito da videoproiezioni, tra cui quella di un attore che personifica Dante Alighieri e che, raccontando le scene in prima persona, guida i visitatori nel loro viaggio nell’oltretomba.
A corredo dell’esposizione sono presentate le edizioni originali della Divina Commedia illustrate da Gustave Dorè (dalle quali la mostra ha tratto ispirazione per la ricostruzione tridimensionale delle scene) e proiettati alcuni momenti di backstage.
Inoltre, per tutta la durata della mostra, il Museo propone una serie di attività e approfondimenti, dedicati ad adulti e bambini, come visite guidate, esperienze didattiche, passeggiate e incontri con Dante, che saranno di volta in volta comunicati attraverso i canali ufficiali del Museo.

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I capricci della Spina

Inaugurata nella chiesa di Santa Maria della Spina la mostra I Capricci di Antonio Cagianelli: fino al 25 giugno il contenitore antico torna ad ospitare l’arte contemporanea mettendo in risalto la bellezze dell’uno e dell’altra, tra guglie e teschi.

Allentamento delle misure restrittive vuol dire, anche, poter tornare ad allestire, e a visitare, mostre: lo sappiamo da un po’, ma siamo stati così a lungo senza poterlo fare che è bello ripeterlo.

Prosegue dunque il programma di personali alla chiesa di Santa Maria della Spina sul Lungarno Gambacorti con l’inaugurazione della mostra dell’artista pisano ma noto a livello internazionale Antonio Cagianelli intitolata I Capricci che resterà aperta fino al 25 giugno dalle 11 alle 13 e dalle 17 alle19.

Alla Spina, opere molto forti e di grande impatto estetico e emozionale che si esaltano nel contrasto con l’architettura gotica della chiesa ormai da anni eletta a scrigno di installazioni ed esposizioni di arte contemporanea.

Scheda della mostra

Dopo le “Vanitas”, i “Capricci”, dopo i graffiti e i tatuaggi, i geroglifici e le sfingi, dopo le sfere, le piramidi; si può così sintetizzare il nuovo programma di sviluppo espressivo di Antonio Cagianelli, che, come lo ha definito Pierre Restany è “un poeta che ha scelto di esprimersi in forma tridimensionale”. La sua poetica di designer attento alla metamorfosi continua della realtà si riversa nelle sue creazioni tridimensionali sotto forma di mobili, altre volte gioielli, complementi di arredo, accessori di moda e oggi, per la prima volta, anche la fotografia. È un discorso quello di Cagianelli che non parla di design o habitat in senso tradizionale, ma di una personale visione del mondo che le sue creazioni sono di volta in volta invitate a rappresentare. Una visione del mondo in cui il passato e il futuro sono in diretta comunicazione, dando origine a opere in cui convivono e si mescolano in modo analogico e medianico influssi provenienti da mondi arcaici, elementi esoterici con i segni della metropoli contemporanea; il tutto espresso attraverso un linguaggio pop e surreale. Si passa così dalle sue sedute “Transvital” a forma di teschio, che sono da considerarsi come delle vere e proprie vanitas tridimensionali, alle nuove sedute “Sfinge”, che irrompono inesorabili nel nuovo paesaggio creativo dell’artista con il loro messaggio carico di mistero e di punti di domanda aperti sul nostro futuro. In un mondo che non ha più risposte ai nostri interrogativi Cagianelli nelle sue ultime grafiche (serigrafie su laminati plastici di grande formato) sceglie di alludere al genere pittorico dei Capricci, basato appunto su nostalgiche e fantasiose composizioni di elementi del passato, per ritrovare un senso e una forza che possano aiutarci a sopravvivere all’apocalisse del mondo contemporaneo. Il metodo compositivo dei “Capricci” viene applicato anche al suo nuovissimo progetto fotografico, presentato al Fuorisalone 2020 con la sua galleria di riferimento milanese, la Galleria Colombari, e che rappresenta un ulteriore passo in avanti del suo lavoro di grafica che è alla base anche di tanti mobili e tessuti realizzati in precedenza. L ‘esperienza dei “Capricci” fotografici è nata durante il periodo dell’emergenza sanitaria da una riflessione fisicamente statica, ma intellettualmente molto dinamica.  In questo corpus di opere fotografiche Cagianelli, con i suoi accostamenti shock, veri e propri ossimori visivi, crea un dialogo inaspettato tra culture, linguaggi e segni di antiche civiltà, nonché esperienze pop-rock del suo repertorio di artista-designer, la Street Art e l’arte psichedelica. La parola “contaminazioni”, in questo momento drammatico, in cui abbiamo vissuto nell’isolamento e giustamente nella paura di essere contaminati, è da intendersi, per Cagianelli, con un’accezione positiva di interculturalità e di dialogo tra linguaggi e ambiti artistici diversi.

In una visione in cui il tempo acquista una dimensione sincronica, di memoria junghiana, l’artista dà vita alle sue composizioni fotografiche ispirate all’antico Egitto attraverso persone appartenenti alla quotidianità delle sue relazioni, i cui lineamenti, particolarmente evocativi, sono vicini alle sue libere fantasie su elementi dell’arte antica. Ai geroglifici si sovrappongono i graffiti della Street Art, agli inconfondibili profili di alcune statue etrusche i profili di giovani donne di oggi in cui sopravvive una memoria di tratti che ci riportano a un lontanissimo passato, seguendo una spirale e un vortice temporale in continua evoluzione, che ricorda esperimenti grafici dei fotocollages dadaisti e della cultura psichedelica degli anni ‘70. 

I suoi ultimissimi lavori fotografici sul tema della mummia in particolare, a metà strada tra citazioni di icone del mondo antico e riferimenti al genere horror, sono una nuova espressione cult dell’universo di Cagianelli, provocatorio, eclettico e surreale

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Tra Caravaggio e Gentileschi

Una mostra al Palazzo dell’Opera del Duomo presenta il percorso dell’artista pisano Orazio Riminaldi, l’allievo di Gentileschi folgorato da Caravaggio che ha il suo capolavoro proprio sulla cupola del duomo pisano.

Fino al 5 settembre sarà possibile visitare la mostra Un maestro pisano tra Caravaggio e Gentileschi allestita al Palazzo dell’Opera del Duomo e concluderla con la visita della Cattedrale che custodisce il capolavoro dell’artista al centro dell’esposizione. L’idea per la mostra dedicata a Orazio Riminaldi nasce proprio dal recente restauro dei dipinti della cupola della cattedrale pisana, realizzati da Riminaldi tra il 1627 ed il 1630. Un’opera monumentale, dipinta ad olio, non ad affresco come talvolta affermato, che raffigura l’Assunta portata in cielo dagli angeli. Una pittura che fino a quel momento non era possibile ammirare dal basso, a causa dello sporco che progressivamente si era accumulato sulle pareti nel corso dei decenni.

L’esposizione, a cura di Pierluigi Carofano e Riccardo Lattuada, mette in luce per la prima volta il percorso umano e artistico del maestro pisano Orazio Riminaldi (Pisa, 1593-1630), allievo del celebre Orazio Gentileschi, il padre di Artemisia, e affascinato in gioventù dalla bruciante novità della pittura di Caravaggio.

Giunto a Roma intorno al 1615, divenne accademico di San Luca, e fece parte della terza stagione dei maestri caravaggeschi. Fu capace di un linguaggio elegantissimo, vera e propria sintesi tra lo stile di Orazio Gentileschi e quello di Guido Reni. La breve vita (morì a 37 anni) non gli permise di sprigionare tutto il suo talento, ma fortunatamente proprio a Pisa si conserva il suo capolavoro, quello che gli ha dato fama imperitura: la cupola del duomo.

Orazio Riminaldi è presente in mostra con oltre venti opere e il suo percorso artistico è ricostruito a partire dalla sua formazione di gusto tipicamente toscano fino all’incontro con il naturalismo di marca caravaggesca, poi declinato verso un più maturo classicismo. Di Riminaldi sono esposti dipinti provenienti da prestigiose collezioni pubbliche, i modelli preparatori per la cupola, il Ritratto di Curzio Ceuli e l’Autoritratto.

All’interno del Palazzo dell’Opera del Duomo il percorso espositivo è scandito in nove sezioni che illustrano il contesto pisano nel quale si formò Orazio Riminaldi, poi quello romano (con opere di Guido Reni, Giovanni Baglione, Agostino Tassi), infine i suoi primi maestri, Ranieri Borghetti, Aurelio e Orazio Lomi Gentileschi.

Di Orazio Gentileschi è possibile ammirare la straordinaria Madonna col Bambino delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Palazzo Corsini, un’opera che raramente viene concessa in prestito dal museo romano e la Giuditta con la testa di Oloferne e la fantesca della Collezione Lemme di Roma.

Esposte anche importanti opere di maestri a lui legati, quali la Santa Cecilia con l’organo portatile di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino, il San Pietro penitente di Guido Reni e la Santa Cecilia del Guercino, provenienti dalla Fondazione Sorgente Group.

Altre rarità presenti nelle prime sale della mostra sono il Sant’Andrea e il San Bartolomeo (Roma, Accademia di San Luca), frammenti di una grande pala d’altare del Bronzino in origine collocata nel Duomo di Pisa, ma dispersa in antico.

Le opere scelte sono numerose e merita ricordare tra le principali, Il Sacrificio di Isacco e il Martirio dei santi Nereo e Achilleo (Roma, Gallerie Nazionali Barberini  Corsini), il Caino e Abele (Firenze, Gallerie degli Uffizi), la Vestizione di santa Bona (Pisa, chiesa di San Martino), lo straordinario Ercole e Acheloo proveniente da Parigi (Galleria Giovanni Sarti).

A conclusione del percorso degli spazi espositivi è possibile visitare la cattedrale per ammirare la cupola dipinta da Riminaldi.

Curatori: Pierluigi Carofano, Riccardo Lattuada
Comitato scientifico: Franco Angiolini, Stefano Bruni, Veronica Baudo, Alberto Cottino, Marco Ciampolini, Gabriella Garzella, Daria Gastone, Franco Paliaga, Stefano Renzoni, Alessandro Tosi.
Didattica in mostra: Pierluigi Carofano, Tamara Cini

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Un piccolo passo verso la normalità

Da sabato 22 maggio a Palazzo Blu niente più prenotazione obbligatoria nei festivi: per chi lo preferisce, resta possibile prenotare il proprio ingresso, ma il decadere di questo obbligo è un piccolo significativo passo verso la normalità. E non dobbiamo sottovalutarlo.

C’è stato un tempo, sembra un secolo fa, in cui si poteva decidere di andare ad una mostra, di visitare un museo o un’esposizione senza prenotare in anticipo il biglietto: se in tanti avevano la stessa idea ci mettevano in fila, semplicemente, aspettando il proprio turno.

Ebbene, al di là del fatto che a lungo, molto a lungo, nessuna mostra e nessun museo sono stati visitabili, da questo fine settimana cade l’obbligo di prenotare la propria visita, reso necessario con le riaperture per fuggire qualsiasi rischio di assembramento. Sembra una cosa insignificante, ma non lo è.

In base alle nuove disposizioni introdotte dal DPCM 18 maggio 2021, n. 65, non è più obbligatoria la prenotazione per accedere al museo il sabato, la domenica e nei giorni festivi: già da sabato 22 maggio si può accedere al museo, come nei giorni feriali, acquistando i biglietti direttamente a Palazzo Blu, salvo esaurimento dei posti.   

Le mostre a Palazzo Blu sono De Chirico e la Metafisica, prorogata al 5 settembre, e la mostra grafica sull’Inferno di Dante disegnato da Tom Phillips, visitabile fino al 18 luglio.  

Il museo, con l’esposizione permanente, è aperto dal lunedì alla domenica, dalle 10 alle 20.

palazzoblu.it   

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De Chirico, c’è più tempo

Prorogata al 5 settembre la mostra De Chirico e la Metafisica a Palazzo Blu: l’esposizione antologica sull’artista delle metafisica e sulla corrente artistica che ha attraversato il Novecento rimedia alla lunga chiusura restando visitabile fino alla fine dell’estate.

Era stata inaugurata il 7 novembre 2020, anzi avrebbe dovuto, ma musei ed esposizioni furono chiusi proprio in quei giorni. Avrebbe dovuto chiudersi il 9 maggio, ma visto che è invece proprio da questi giorni che è di nuovo possibile visitarla, la chiusura è stata prorogata al prossimo 5 settembre.

La decisione di prolungare la mostra antologica De Chirico e la Metafisica, allestita nelle sale di Palazzo Blu è stata presa dagli organizzatori, Fondazione Pisa e MondoMostre, grazie alla importante e generosa collaborazione dei prestatori, tra i quali le più prestigiose istituzioni nazionali d’arte moderna, come la Pinacoteca di Brera e il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (MART), la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico e de La Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.

In questo modo sarà possibile consentire a chi non ha ancora avuto modo di farlo a causa delle misure di sicurezza che hanno chiuso mostre e musei, di poter visitare la mostra, curata da Saretto Cincinelli e Lorenzo Canova, nel rispetto della massima sicurezza. Con oltre 80 capolavori del padre della Metafisica, Giorgio de Chirico, la mostra sarà aperta tutti i giorni dalle 10 alle 20, la prenotazione è obbligatoria nel weekend e nei giorni festivi, e va effettuata un giorno prima della visita. Dal lunedì al venerdì è possibile acquistare i biglietti anche in sede ma si consiglia comunque la prenotazione online per evitare attese.  

L’esposizione racconta l’opera del Pictor optimus in un lungo viaggio attraverso immagini e parole; una navigazione fatta di partenze e ritorni, che hanno lasciato tracce profonde lungo l’arco del Novecento e che ancora oggi ispirano le nuove generazioni di artisti. Una mostra che permette di conoscere de Chirico grazie a una serie di disvelamenti che   aprono il sipario sui suoi enigmi, consentendo l’accesso al suo labirintico proscenio. Uno degli elementi principali del progetto è la scoperta della collezione personale dell’artista, dei “de Chirico di de Chirico” che sono il fulcro di questa mostra, composta soprattutto da un grande numero di opere provenienti da La Galleria Nazionale di Roma – donate nel 1987 dalla moglie del pittore, Isabella – e dalla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico. 

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Il tempo sospeso alla Spina

La riapertura al pubblico della Chiesa della Spina con l’inaugurazione della mostra il Tempo sospeso di Roberto Braida è un augurio per questa ripartenza, perché ci invogli a recuperare e ricostruire quanto possibile di questo strano tempo che abbiamo perduto, ma che possiamo recuperare.

Quando si inaugura c’è sempre un’emozione speciale, una bellezza palpabile che inonda gli spazi in cui la mostra è allestita, un senso di inizio, di rinascita. Ma questa volta, facile indovinare perché, questa sensazione è amplificata: la mostra Il tempo sospeso, inaugurata alla Chiesa della Spina e visitabile fino al 28 maggio ci regala tre opere di Roberto Braida che descrivono il periodo che abbiamo vissuto, e stiamo ancora vivendo; una riflessione sul passato per guardare avanti con fiducia e speranza.

“Le opere – spiega l’artista Roberto Braida – nascono in seguito al periodo estremamente pesante che abbiamo vissuto, con un fermo di molti mesi: il tempo sospeso a cui allude il titolo è quello che abbiamo perduto, che ci siamo lasciati alle spalle, ma anche quello che possiamo ritrovare, recuperare e assolutamente dobbiamo ricostruire, come una vecchia nave che deve ripartire. Il senso sta dunque in un messaggio di augurio rivolto a tutti, in particolare ai giovani e ai bambini che hanno perso molto”.

La mostra si compone di tre opere, “raffiguranti rispettivamente la serena luminosità dell’alba e la calda magia del tramonto. Il terzo dipinto, intitolato Compressione, muta radicalmente prospettiva. Prende vita un fascino drammatico attraverso una composizione che si scalda, che si spezza e si lacera, dove le inattese fratture sono metafora di quella compressione dell’anima, dell’agitamento dello stato d’animo causato dal particolare periodo storico che siamo costretti a vivere”.

Sperando che la mostra, visitabile fino al 28 maggio, dal mercoledì alla domenica, dalle 14 alle 18.30, possa essere goduta da pisani e turisti e accompagni la sospirata ripartenza che da tanto aspettiamo

“È questo l’ennesimo tentativo di ripartenza e speriamo che questa sia la volta buona – dice l’assessore alla cultura Pierpaolo Magnani –, mi auguro che questa mostra, a differenza delle precedenti sospese a causa dell’introduzioni delle varie restrizioni, possa essere vissuta dai cittadini e dai turisti quando torneranno in città. Questa esposizione di Roberto Braida rappresenta in modo profondo questo tempo che stiamo vivendo, grazie a un trittico che racconta in maniera molto intensa l’idea di quello che è stato l’arrivo di questa bufera che ci ha travolti tutti”.

L’artista Roberto Braida nasce a La Spezia nel 1953. Fin da giovanissimo si dedica al disegno e alla pittura, sotto la guida del Maestro Gino Bellani. La sua attività di pittore professionista inizia nel 1974 con la prima personale e sono numerose le mostre, le presenze e i riconoscimenti dell’artista in manifestazioni a carattere nazionale ed internazionale. Nel 2012 è stato insignito della benemerenza civica per meriti artistici dall’amministrazione comunale della sua città.

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Il 5 Maggio, 200 anni dopo

Mercoledì 5 maggio alle 16.30 un evento online del Museo della Grafica in occasione del bicentenario della morte di Napoleone Bonaparte: con N Mito e realtà si ricordano mostre del passato annunciando mostre del futuro a duecento anni da quel primo 5 maggio.

N, Mito e realtà

Ricordando mostre del passato e annunciando mostre del futuro, incontro con

Daniele Cianchi, Romano Paolo Coppini, Virginia Mancini, Silvia Pagnin, Alessandro Tosi, Alessandro Volpi

mercoledì 5 maggio ore 16:30

Organizzato con la collaborazione tecnica del Polo Multimediale dell’Università di Pisa, l’incontro si può seguire in diretta streaming sul canale YouTube del Sistema Museale d’Ateneo e sulle pagine Facebook di Mediaeventi e del Museo della Grafica
www.museodellagrafica.sma.unipi.it

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Aperture alla cultura

Dopo Palazzo Blu e altre realtà museali del nostro territorio, riapre il Museo della Grafica di Palazzo Lanfranchi: da lunedì 8 febbraio tornare al museo vorrà dire ammirare l’impronta di Olivetti in Toscana e i netsuke della manifattura giapponese, ma soprattutto condividere bellezza.

Dal lunedì al venerdì, dalle 15 alle 19, riaprono le porte del Museo della Grafica che ci aspetta lì dove ci eravamo salutati.

“La possibilità di riaprire un museo – come sottolineano la Presidente del Museo, Virginia Mancini, e il Direttore scientifico Alessandro Tosi – è un segnale importante per la ripresa delle nostre abitudini e delle nostre speranze. Per questo vogliamo offrire ai nostri visitatori alcuni storie legate non solo a opere di grande suggestione visiva, ma anche a personaggi di rilievo straordinario. Da Sebastiano Timpanaro, ad Adriano Olivetti e fino a Edda Bresciani, le sale di Palazzo Lanfranchi trattengono infatti la memoria di entusiasmi, passioni e curiosità che meritano di essere raccontate.»

Nelle sale di Palazzo Lanfranchi, affacciato sul lungarno Galilei, il Museo della Grafica propone infatti alcune mostre da non perdere: già presentata in anteprima in streaming, Netsuke. Capolavori dalla Collezione Bresciani è un’occasione unica per ammirare una scelta dei piccoli, grandi capolavori provenienti dalla collezione di Edda Bresciani, l’illustre egittologa lucchese recentemente scomparsa e per lungo tempo docente presso l’Ateneo pisano.

I netsuke, piccole sculture di legno o d’avorio prodotte in Giappone tra il XVII e il XX secolo, venivano fissati alla cintura del kimono maschile con la funzione di contrappeso al contenitore di tabacco o altro. Scolpiti in forme spesso di straordinaria fattura, raffigurano un’infinità di temi e soggetti, raccontando l’arte e l’artigianato, la cultura e le credenze religiose, insomma la vita nei molteplici aspetti del Giappone nel corso di quasi quattro secoli. 

In mostra anche una visualizzazione multimediale di un netsuke attraverso la ricostruzione 3D fotogrammetrica realizzata dal Laboratorio di Robotica Percettiva dell’Istituto TeCIP della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Dalle Collezioni è la mostra dedicata ad alcune opere conservate nelle collezioni permanenti o presentate in alcune occasioni espositive. Sono disegni e stampe che, da Giovanni Fattori a Giorgio Morandi, da Giovanni Battista Piranesi a Eugenio Montale, da Luigi Bartolini a Antonio Possenti, documentano la qualità del linguaggio grafico di grandi artisti e insieme la straordinaria ricchezza delle collezioni del Museo della Grafica.

Olivetti @ Toscana.it. Territorio, Comunità, Architettura nella Toscana di Olivetti, già da tempo allestita nel Museo e ora fortunatamente prorogata, è la bella mostra dedicata ai personaggi e alle architetture che hanno segnato la storia della Olivetti in Toscana. Tra territorio, comunità e architettura, elementi chiave di una straordinaria stagione d’impegno sociale, sensibilità culturale e intelligenza imprenditoriale, la mostra ripercorre e racconta il felice legame tra Adriano Olivetti e la nostra regione.

Con la Toscana in zona gialla, il Museo sarà aperto dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19, con ingresso gratuito.

Gli ingressi sono contingentati, con possibilità di prenotare la visita online sul sito del Museo, scegliendo data e ora. 

www.museodellagrafica.sma.unipi.it

Le foto che ci dicono chi siamo

Con la mostra L’ultimo Novecento a Palazzo Blu si conclude il ciclo di esposizioni degli scatti dell’archivio Frassi che hanno raccontato Pisa, e non solo, nei decenni passati. Dopo gli anni Cinquanta e i Sessanta, le immagini dell’ultimo scorcio del secolo scorso ci parlano di manifestazioni, della pendenza della torre e del Pisa di Romeo.

Romeo Anconetani durante i festeggiamenti per la promozione in serie A nel 1985

Le immagini, anche questa volta, ci raccontano di vestiti, pettinature, automobili e montature di occhiali come erano, facendoci sorridere, ricordare o storcere il naso, a seconda dell’età o del gusto personale. Ma soprattutto con l’esposizione L’ Ultimo Novecento. Pisa: eventi e personaggi di un fine secolo, terzo capitolo dell’esposizione dell’archivio Frassi a Palazzo Blu, ci dice chi siamo, chi siamo stati ma anche chi saremo. Sì, perché, che fossimo presenti o meno, quelli immortalati dalla macchina fotografica del fotografo pisano sono momenti delle tante cose successe nella nostra città, sono momenti della nostra storia, al di là dell’anagrafe.

La grandezza del fotografo sta nel cogliere il momento, l’espressione, il gesto: ai tempi dell’analogico, ai limiti del mezzo solo la maestria poteva rimediare. Se riconosciamo dunque in quegli scatti momenti epocali si deve alla capacità del fotografo che ha immortalato la vita cittadina, dai matrimoni alla visita del Papa, negli ultimi 50 anni del Novecento. Ma certo il fatto che a Pisa sia passato mezzo mondo e che spesso sia stata lo specchio di eventi di rilevanza ben più che cittadina ce lo testimoniano le riproduzioni dei quotidiano che raccontano a parole quello che le foto ci fanno vedere.

Dal 31 ottobre al 14 febbraio 2021, a Palazzo Blu le foto “faticosamente selezionate nel mare dell’archivio Frassi” racconta Giuseppe Meucci, che cura la mostra insieme a Stefano Renzoni, documentano l’allarme per la stabilità della Torre Pendente e l’avvio dei lavori che si concluderanno con il suo consolidamento; il Pisa di Romeo Anconetani che vide i colori nerazzurri protagonisti sulla scena del grande calcio italiano; il Papa che nella visita a Pisa spende parole di riabilitazione della figura di Galileo; la realizzazione, nel giugno del 1989, di una grande opera di arte contemporanea, destinata ad assumere una fama internazionale: il murale Tuttomondo di Keith Haring.

Per la visita di Giovanni Paolo II nel 1989 viene allestita una luminara speciale
Tuti durante il processo per la morte di Mennucci

Ma ci sono anche le violenze di piazza, lo stragismo organizzato dai gruppi di estrema destra e del terrorismo di sinistra che anche a Pisa hanno dato vita a capitoli che fanno parte della storia della città, come la bomba di Marina che nel 1971 uccise il giovane Giovanni Persoglio e il conseguente delitto commesso nella trattoria l’Archetto in via La Nunziatina che fecero scoprire i disegni eversivi del gruppo pisano delle Brigate Rosse. O la morte nel 1972, durante i gravi disordini scatenati da Lotta Continua, del giovane Franco Serantini, ucciso dalla polizia. Ma anche sul fronte opposto, quello dell’eversione di matrice neofascista, Pisa è stata teatro di vicende che hanno avuto echi nazionali, come la feroce esecuzione nel 1982 di Mauro Mennucci, il militante di Ordine Nuovo che sette anni prima aveva fatto catturare l’estremista nero Mario Tuti, ricercato per avere ucciso due poliziotti.

Keith Haring dipinge Tuttomondo sul muro della sacrestia di Sant’Antonio nel 1989

Per chi c’era, per chi non c’era, per chi non c’è più e per chi ci sarà domani: questa mostra è per tutti noi, perché solo conoscendo il passato, anche grazie alle immagini che lo testimoniano, possiamo guardare al futuro.

palazzoblu.it

De Chirico e il tempo sospeso. Il suo e il nostro

La mostra d’autunno a Palazzo Blu è dedicata al maestro della metafisica di cui si propone un’antologia di capolavori che ne ripercorre l’intera carriera artistica, mostrando una coerenza spesso misconosciuta. E una visione delle cose sempre attuale.

In tempi incerti le certezze sono oro: fra queste, nonostante le tante difficoltà, la grande mostra autunnale a Palazzo Blu torna a darci, mai come adesso, una prospettiva sulla bellezza. De Chirico e la Metafisica, dal 7 novembre 2020 al 9 maggio 2021 ripercorre la ricerca dell’artista e ci spiega, attraverso le opere appartenenti alle sue diverse stagioni, che il suo genio non si è certo affievolito al termine del primo ciclo della sua carriera, quello propriamente metafisico.

Dopo averci fatto entrare, negli anni ’10 del secolo scorso, in un mondo di sospensione, la cui apparente serenità è come in attesa di qualcosa che debba succedere da un momento all’altro, di una verità che emerga al di là, o al di dentro, dei simboli presenti sulla tela, de Chirico non abbandona la Metafisica. Non la abbandonerà mai, ma continuerà sempre a rifarsi in qualche modo a questa prima esperienza nelle stagioni della cosiddetta seconda Metafisica e della Neometafisica. Quella che Calvesi chiama Metafisica continua.

L’opera d’arte metafisica è quanto all’aspetto serena; dà però l’impressione che qualcosa di nuovo debba accadere in quella stessa serenità e che altri segni, oltre a quelli già palesi, debbano subentrare sul quadrato della tela. Tale è il sintomo rivelatore della profondità abitata. (Giorgio de Chirico, Sull’arte metafisica, 1919)

A lungo sottovalutato, anche a causa dell’interpretazione di Breton che ne vedeva appassite le capacità dopo quei primi decenni del ‘900, il de Chirico delle fasi successive è presentato in mostra da un punto di vista diverso, che lo libera dal ruolo, prestigioso ma limitativo, di precursore del Surrealismo.

Anche grazie alla presenza di una parte della collezione personale dell’artista, i de Chirico di de Chirico, fulcro dell’esposizione a Palazzo Blu, gli enigmi racchiusi nelle figure avulse dal contesto, negli squarci di città antiche e moderne, nei suoi simboli immobili e muti al centro di spazi dal tempo sospeso sono inquadrati in una prospettiva ancora più ampia e non racchiusi in un solo, breve periodo.

Grazie al supporto delle più prestigiose istituzioni nazionali d’arte moderna, come la Pinacoteca di Brera e il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto MART, il progetto presenta a Palazzo Blu una serie di capolavori assoluti, provenienti prevalentemente dalla Galleria Nazionale di Roma (donate nel 1987 dalla moglie del pittore, Isabella) e dalla Fondazione Giorgio e Isa de Chirico.

In ordine cronologico, l’antologia di opere parte dagli esordi ispirati a Böcklin e Klinger della fine del primo decennio del Novecento agli anni Dieci della grande pittura Metafisica; dai capolavori del periodo classico dei primi anni Venti della “seconda metafisica” parigina, fino ai Bagni Misteriosi degli anni Trenta, alle straordinarie ricerche sulla pittura dei grandi maestri del passato riscontrabili nelle nature morte, nei nudi e negli autoritratti, realizzati tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, giungendo all’ultima, luminosa fase neometafisica, recentemente molto rivalutata.

Le piazze, disabitate, dei luoghi dove il pittore ha vissuto (prima Volos e Atene, poi Monaco di Baviera, Milano, Firenze, Torino, Parigi, Ferrara, New York, Venezia, Roma), sono popolate da oggetti, frammenti, rovine, archi, portici, angoli di strade, muri, edifici, torri, ciminiere, treni, statue, manichini che estraniati dal loro abituale contesto emergono con tutta la loro forza iconica diventando irreali, misteriosi, enigmatici.

Non sarà difficile trovarci un po’ di noi, delle nostre vite, della nostra contemporaneità.

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