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Chiese (straordinariamente) aperte

Nuovi cicli di aperture straordinarie per alcune chiese pisane fra le più belle ma anche fra le più difficili da visitare: ecco il progetto Chiese Aperte

Nata nel 2017, l’Associazione FAP, Fede e Arte a Pisa, nasce proprio per permettere l’apertura fuori dall’orario delle celebrazioni, di alcune chiese che non potrebbero altrimenti restare aperte e che quindi rischiano di essere un po’ dimenticate. E sarebbe un vero peccato.

Grazie all’impegno di volontari invece, tante chiese che chi viene a visitare la città rischiava di perdersi, e che tanti pisani rischiavano di dimenticare, saranno visitabili liberamente il mercoledì e il giovedì tra le 10 e le 12.30 e il sabato tra le 15 e le 18.

L’associazione ha pensato di ottimizzare le proprie risorse dando un senso alla rotazione di aperture dividendole in cicli distinti:

1a settimana del mesepercorso 700 pisanosan Matteo in Soarta
santa Apollonia
2a settimana del mesepercorso medievalesan Sisto in Corte Vecchia
san Pietro in Vinculis
san Michele in Borgo
3a settimana del mesepercorso epoca modernasanto stefano dei cavalieri
santa Maria dei Galletti
san Rocco

Trent’anni senza muro

Fino al 25 gennaio, allo spazio espositivo di Logge di Banchi, Fall wall, il muro di Berlino trent’anni dopo: le fotografie raccontano cos’era e cos’è quel simbolo di divisione.

Una grande fotografia della notte del 31 dicembre sotto la porta di Brandeburgo, 17 immagini in bianco e nero di medie dimensioni e 40 piccole foto a colori che raccontano il muro ieri e oggi nell’allestimento a cura dell’associazione Società Italiana dei Viaggiatori. Gli autori in mostra con Fall wall, il muro di Berlino trent’anni dopo sono lo scrittore e storico delle arti visive Alessandro Agostinelli, che nel 1989 era a Berlino a spaccarlo quel muro, e la la fotografa e studiosa di arti multimediali Marzia Stevenson Maestri, che a Berlino è andata quest’anno, nel trentennale della caduta. Due punti di vista distanti nel tempo e due approcci per forza di cose diversi quanto a sensibilità e ambito socio culturale che raccontano questo momento fondamentale della storia del Novecento.

Dal 27 dicembre e fino al 25 gennaio 2020, il Comune di Pisa rende omaggio a questo momento fondamentale della storia del Novecento per ripensarlo a trent’annì di distanza e raccontarlo a chi non c’era con questa che non è che la prima tappa di un progetto più ampio su alcuni snodi fondamentali della nostra storia più recente.

Il Futurismo, oggi

Fino al 9 febbraio a Palazzo Blu si racconta il Futurismo con una grande mostra che ci fa rileggere lo spirito di un’epoca.

Marinetti era già arrivato a Pisa, con una delle sue Serate Futuriste, quelle strane performance che dovevano essere davvero sovversive anche solo per il modo in cui proponevano l’arte. Era stato accolto al Teatro Rossi: accolto si fa per dire, visto che la serata era finita con un sonoro lancio di ortaggi che il padre fondatore del movimento aveva commentato come il segno di una riuscita perfetta. Ma si sa: con il futurismo tutti i canoni sono rovesciati; dunque sì, in effetti un’accoglienza calorosa. Oggi torna nella nostra città con la mostra Futurismo in programma fino al 9 febbraio a Palazzo Blu, se chissà vorrebbe che gli fossero tirati ortaggi.

La peculiarità del Futurismo, unica vera grande avanguardia artistica italiana del 900, è la volontà del movimento di intrecciare l’arte con la vita, di non affascinare un ristretto gruppo di addetti ai lavori arroccati nella torre di una cultura d’élite, ma arrivare a tutti. Arrivare e smuovere, rivoluzionare, ribaltare quello che c’era prima per creare qualcosa di nuovo. Quindi il movimento, il culto della rivoluzione, del rovesciamento della tradizione; la velocità, il cambiamento, le innovazioni, le macchine, le industrie. Ma, attenzione: tutto secondo regole precise che dal primo Manifesto del 1909, venivano pubblicate, dunque appunto rese pubbliche, diffuse, e rispettate.

A 110 anni dal primo Manifesto, la mostra curata da Ada Masoero, propone una ricca scelta di opere dei firmatari di quel primo Manifesto e di quelli che, dedicati di volta in volta alle diverse declinazioni artistiche, furono pubblicati negli anni seguenti. Più di cento opere di primissimo rilievo da Marinetti a Boccioni, Carrà, Russolo, Balla, Severini e poi Prampolini, Depero, Fillia, Benedetta descrivono un movimento che è stato coerente nella sua eversività e rivolto al popolo tutto pur rompendo tutte le regole che il popolo poteva conoscere.

La mostra segue l’ordine cronologico dei tre decenni del movimento senza mai risultare pedante; raggruppa i temi che hanno interessato i futuristi risultando comunque fluida; racconta un periodo storico e le sue immancabili implicazioni politiche mettendo in luce le connessioni senza ambiguità, ma operando i dovuti distinguo; è ricchissima di opere di primo rilievo ma resta leggera e piacevolissima da visitare. Marinetti sarebbe contento: oltre alla possibilità di leggere di sala in sala il testo completo di ciascun manifesto, ci sono lungo il percorso momenti ludici nei quali il visitatore può vedere il proprio viso sovrapposto al ritratto del fondatore o giocare su una lavagna magnetica con le parole in libertà componendo la propria poesia futurista. Più divertente che tirare ortaggi.

www.futurismopisa.it www.mondomostre.it www.palazzoblu.it

Artemisia, quella vera

Quella in mostra a Palazzo Blu fino all’8 marzo 2020, ritratta da Simon Vouet, è un’ Artemisia Gentileschi autentica, bellissima e orgogliosa. Pronta per volare alla National Gallery di Londra.

Di lei colpiscono la mano con il toccalapis, fissata in un gesto vezzoso e pratico insieme; il medaglione dorato che le pende sul corpetto, sul quale un piccolo mausoleo omaggia, in un gioco di enigmistica archeologica, il suo nome; l’orecchino di perla, pendente che anticipa Vermeer. Ma soprattutto lo sguardo fiero, che riassume nel silenzio della tela la sua storia di sofferenze e l’orgoglio per la sua emancipazione come donna e come artista. Leggibile anche espressamente nella firma della pittrice nel cartiglio accanto a lei.

Fotografata come una diva, Artemisia, pittrice secentesca figlia di Orazio, pure pittore, di origine pisana, al tempo del ritratto era già una professionista affermata e conosciuta, apprezzata a Firenze e a Roma, dove già ha prodotto tanti dei suoi capolavori e dove, intorno al 1620, Vouet la ritrae nella tela appena acquisita da Fondazione Pisa per Palazzo Blu.

Artemisia Gentileschi, Clio Musa della Storia

Il Ritratto di Artemisia Lomi Gentileschi di Vouet, scoperto anni fa da Roberto Contini e Francesco Solinas che ha curato l’opuscolo catalogo della mostra, rimarrà esposto a Palazzo Blu accanto alla Clio Musa della Storia dipinta da Artemisia stessa e già nella Collezione Permanente di Palazzo Blu, in attesa di andare a fare bella mostra di sé, sempre insieme alla Clio, alla National Gallery di Londra per la grande mostra a cura di Letizia Treves Artemisia, in programma dal 4 aprile al 26 luglio 2020. Per poi tornare definitivamente a Pisa nelle rinnovate sale dedicate al Seicento pisano, aggiungendosi alle altre già in collezione e valorizzando il prestigio e il valore attrattivo del Palazzo e della città.

palazzoblu.it

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